Ma non era lo scandalo del secolo?
Il Caso Consip si è concluso con un’assoluzione generale.
Lo scandalo Consip non c’è più.
Era una balla, una bolla di sapone.
Con gioia di alcuni (tra i quali la signora verità) e lutto
di altri.
Tra un po’ vediamo chi.
La famosa gara Fm4, con in palio appalti per quasi tre
miliardi di euro, si svolse regolarmente, non ci fu alcuna turbativa d’asta.
Il tribunale di Roma ha deciso così, al termine di un lunghissimo
processo penale ed un estenuante e battente processo mediatico, ricco di gogne,
accuse infondate, linciaggi morali.
La Corte ha detto che il fatto – cioè la turbativa d’asta –
non sussiste.
Il caso Consip era tutto lì: nell’ipotesi che quella gara
ricchissima fosse stata truccata. Il processo e la campagna giornalistica
costarono molto cari ad alcune aziende e ad alcune persone. In termini
economici e persino in termini fisici. E produssero invece grossi vantaggi
editoriali ad altri, e tanto lavoro – impegnativo, costoso, inutile – ad alcune
Procure decise a non mollare l’osso fino alla fine.
Benissimo. Ora sappiamo che il Caso Consip non esiste e non
esisteva, e formuliamo l’augurio che a questo punto la giustizia si riscatti
almeno un po’ chiudendo alla svelta tutti gli altri processi in corso –
frammenti del processo principale, che era questo – che non stanno più in
piedi perché si attorcigliano attorno a una ipotesi di reato del quale è stata
solennemente stabilita la non esistenza.
Vi dicevamo che qualcuno fa festa e qualcuno è in lutto.
In lutto sono alcuni settori di un paio di procure, che
intorno al caso Consip avevano costruito castelli volanti di ipotesi – che ora
non volano più – e un po’ di fama.
Ma chi soprattutto è in lutto, in lutto stretto – mi dicono
che ieri in redazione il clima fosse da funerale – sono gli amici del Fatto
Quotidiano, che
almeno dal 2016 battono con una costanza ammirevole sul caso Consip, e lo
scandalo colossale di una gara da quasi tre miliardi – la più grande d’Europa –
truccata da un gruppo di malintenzionati guidati dal perfido Romeo.
Articoli,
su articoli, su articoli, e accuse, su accuse, su accuse, e richieste di
moralizzazione, di pulizia, di etica, e poi arringhe nelle varie Tv, e
tonnellate di editoriali di Travaglio, e interviste censurate, e poi…
Il Fatto aveva preso di mira Romeo anche perché si era
convinto, a torto, che Romeo fosse una specie di artiglio di Renzi.
Il Fatto
voleva il sangue di Renzi.
In realtà Romeo e Renzi si conoscono appena e non
hanno mai avuto rapporti o interessi comuni né in politica né tantomeno in
affari.
Semplicemente tanti anni fa Romeo – come ha fatto altre volte
con altri esponenti politici – concesse un piccolo finanziamento per la
campagna elettorale (primarie) di Renzi, che poi fu sconfitto da Bersani.
Contributo elargito alla luce del sole, registrato, fatturato e vidimato.
Succede, ai giornalisti, di prendere grandi abbagli. Ad
alcuni succede di più, ad alcuni di meno.
Pensate che ancora oggi ci sono dei giornalisti convinti che
Conte – cioè il socio di governo di Salvini – possa diventare il capo della
sinistra italiana…
E poi, però, c’è anche chi è in festa. Per esempio noi del Riformista, perché Romeo è il nostro
editore, perché proprio per questo abbiamo studiato e conosciamo bene la
vicenda Consip e sappiamo con certezza della sua innocenza – con certezza
assoluta – perché conosciamo anche i danni gravissimi che Romeo ha subito da
questa fantasmagorica azione penal-giornalistica, perché non ci siamo scordati
che Alfredo è stato in prigione per sei mesi, ingiustamente, del tutto ingiustamente,
e poi altri mesi ai domiciliari in una casa nella campagna in provincia di
Caserta, e che ha ricevuto dei contraccolpi economici molto forti, e ingiusti
anche quelli, e che sono state truccate le carte della competizione di questa
nuova forma di capitalismo che è il capitalismo giudiziario. Il peggior
capitalismo che si possa immaginare.
Ieri sera, dopo la proclamazione della sentenza, gli avvocati
di Romeo, Gian Domenico Caiazza e Alfredo Sorge, hanno rilasciato una breve
dichiarazione.
Che trascrivo: “ Viene smentita anche in questo processo l’impostazione
accusatoria che aveva infondatamente contestato il reato di turbativa d’asta
all’avvocato Romeo pur in assenza di qualsivoglia elemento a carico e viene
ancora una volta accertata la correttezza dell’operato della società Romeo
Gestioni nella gara Fm4 come già acclarato in altri giudizi”.
Hanno ragione gli avvocati. A me, personalmente, restano in
testa alcune domande molto inquietanti.
Prima domanda: per quale ragione Alfredo Romeo è stato messo
in mezzo in questa inchiesta, e trascinato in prigione (unico imputato, unico coinvolto nel
racconto degli accusatori ad essere finito in prigione), quando a tutti gli
inquirenti un poco avveduti era chiarissimo dal primo momento che non era
colpevole di nulla, e a suo carico mai – in nessuno degli svariati processi
aperti – è emerso uno straccio di prova? Forse è stato individuato lui come
anello debole perché si sapeva che non ha mai fatto parte di nessuna cordata,
di nessuna alleanza, di nessuna lobby, ha sempre agito e lavorato e concorso in
solitudine e questo, evidentemente – tenendolo fuori dal sistema – lo rendeva
più fragile di altri?
Seconda domanda: perché è stato tenuto chiuso in cella per
sei mesi (finché non è intervenuta la Cassazione a imporre la scarcerazione)? Forse perché si sperava in quel modo
di costringerlo a parlare, ad autoaccusarsi o ad accusare, e comunque a dare un
po’ di sostanza ad una imputazione che camminava sull’acqua?
Terza domanda: Il famoso sistema-Romeo, del quale si parla in
varie requisitorie di vari processi, evidentemente non esisteva.
Benissimo. Del resto, era evidente. Qualcuno ammetterà l’abbaglio?
Quarta domanda: nel frattempo sono state emanati provvedimenti
e sentenze amministrative che penalizzano la Romeo gestioni per centinaia di
milioni sulla base delle accuse penali poi rivelatesi false.
Questo errore, pesantissimo, sarà riparato?
Vabbè, fermiamoci qui. E siccome siamo persone gentili e
gioviali, e non ce la prendiamo mai, mandiamo anche un abbraccio a Marco
Travaglio: non te la prendere, Marco, succede…